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236 il morgante maggiore.

134 E’ si vedeva in alto tante spade
     Rosse, che l’aria anche pareva rossa;
     E come spesso ne’ campi le biade
     Si piegono a quel vento c’ha più possa,
     Poi rinforza più l’altro, e quel giù cade;
     Così par sempre la battaglia mossa;
     Ma insino a qui la prefata battaglia
     Equalmente fortuna ancor travaglia.

135 Feciono infine i Pagan tanto assalto,
     Che i Cristian non poteron sostenere,
     Tanto ch’il sangue due braccia fu alto,
     E fecion Carlo per forza cadere,
     E ritrovossi nel sangue allo smalto;
     E corsono insin sotto alle bandiere,
     E quivi in modo la zuffa appiccorno,
     Che ogni cosa per terra gittorno.

136 Baldovino il figliuol di Ganellone,
     Ch’avea ben l’occhio per tutto tenuto,
     Poi che vide per terra il gonfalone,
     E come Carlo di sella è caduto;
     Cercando va del figliuol di Milone,
     E domandava chi l’abbi veduto;
     E tanto in qua ed in là s’andò aggirando,
     Ch’ei ritrovò nella battaglia Orlando.

137 E cominciò di lungi a gridar forte:
     E’ ti convien soccorrere i Cristiani,
     O ritornarci di drento alle porte:
     Noi siam qua minuzzati come cani,
     Ed ognun fugge dinanzi alla morte,
     E corron verso Parigi i Pagani,
     E tutte le bandiere son per terra;
     Caduto è Carlo, e perduta è la guerra.

138 Non altrimenti il fer leon si scaglia,
     C’ha veduto di nuovo qualche armento,
     Ch’Orlando si gittò per la battaglia
     Inverso gli stendardi come un vento;
     Or se qui Durlindana punge e taglia,
     Tosto vedrassi, o se bisogna unguento:
     I paladini eran per terra tutti
     Nel sangue imbrodolati, strani e brutti.