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canto ventesimoquinto. 257

54 Posti a sedere e riguardato un poco,
     Laudò la fonte Gan, ch’assai gli piacque,
     Però che tutto è circondato il loco
     Di pomi, e fresche e cristalline l’acque;
     Ma non poterno spegnere il gran foco
     Onde principio al gran peccato nacque:
     Poi cominciò Marsilio come amico
     A ragionar con Gan del tempo antico.

55 E cominciossi insin dal Mainetto,
     E come Gallerana amassi quello,
     Mentre ch’egli era in corte giovinetto,
     Molto pronto, leggiadro, e savio e bello;
     E come prima s’avvide, nel petto
     Ardea di questi amanti Mongibello,
     E che per gentilezza tacer volse
     Di quel che in verità spesso gli dolse.

56 E che pensava d’aversi allevato,
     Non altrimenti che ’l suo Zambugeri,
     Un altro figlio di lui proprio nato,
     Perchè lo tenne in corte volentieri
     E molto fu alcun tempo onorato;
     E che fatti gli avea molti piaceri;
     Poi gli volse la punta della lancia,
     Come in mano ebbe lo scettro di Francia.

57 E disse poi delle guerre passate;
     E quante ingiurie gli avea fatte Carlo
     Onestamente furon ricordate;
     Dicendo: A sicurtà con teco parlo;
     Con parole pur destre accomodate,
     Per mostrar come al cor gli rode un tarlo,
     A ricordarsi del tempo preterito,
     E che aveva da lui cattivo merito.

58 E che gli aveva tre volte la Spagna
     Tolta, e volea pur coronarne il Conte;
     E ricordava al signor di Magagna,
     Non di Maganza, tutte le sue onte;
     Che, per veder se Marsilio si lagna
     Da beffe, gli occhi affisa nella fonte;
     E non guardava sè come Narciso,
     Ma gli atti e’ gesti di Marsilio al viso.