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264 il morgante maggiore.

89 Mandagli un vel, ch’è tutto lavorato
     D’oro e di seta, e drento al foco imbianca,
     E però Salamandra è appellato;
     Dove alcuno scrittor forse qui manca:
     Un dente d’elefante smisurato,
     E di serpente un corno ed una branca,
     Due selvaggi leon fuor di misura,
     Che a ognun fanno a vedergli paura.

90 Pel parco ancor molti destri alepardi,
     Che in pochi salti raggiungon le fiere,
     E tigri e cefi e bissonti gagliardi,
     E coccodrilli e giraffe e pantere;
     Mándati tanti stambecchini e dardi,
     Turcassi ed archi di mille maniere,
     Brenuzzi e cinti e molti cordovani,
     Falcon, girfalchi, e ghezzi e cani alani.

91 E poi che fur caricati i cammelli
     Di ricche merce e d’ogni arnese vario,
     Bertucce e babbuini e soprasselli,
     V’aggiunse il re Marsilio un dromedario,
     Il qual t’arrecherà tanti gioielli,
     Che non avea tanto tesoro Dario,
     E s’io il dicessi, e’ non sare’ creduto;
     E questo fia poi sempre il tuo tributo.

92 Mándati ancor due spiriti folletti,
     Floro e Faresse, e parlerai con loro
     In uno specchio dove e’ son costretti,
     E molte cose degne dirà Floro:
     Cento bianchi destrier, cento giannetti,
     Con tutte le lor selle e briglie d’oro,
     Al conte Orlando, e molte carovane
     Di drappi, arnesi e cose soriane.

93 A Ulivieri una leggiadra vesta,
     La qual tutta di gemme è ricamata:
     Diecimila seraffi o più val questa.
     E poi che fu la pace divulgata,
     Per Siragozza si fa fuochi e festa,
     E tutti i gran signor della Granata
     Vengono a corte a Marsilio adorarlo,
     E non si grida se non pace e Carlo.