Pagina:Pulci - Morgante maggiore II.pdf/268

Da Wikisource.

canto ventesimoquinto. 265

94 Credo per grazia il ciel m’ha riserbato
     A tanto bene, innanzi ch’io sia morto:
     E parmi il luogo che s’è disegnato,
     Di venire a San Gianni piè di Porto,
     Che sia proprio al bisogno accomodato:
     Ma io sarò costà, credo, di corto;
     Intanto fa’ che la tua corte adorni,
     E che tu scriva al Danese che torni.

95 La lettera il messaggio appresentoe
     A Carlo, e mai non si vide più lieto,
     E nel consiglio a tutti la mostroe,
     E chiama Ganellon savio e discreto:
     Ma Namo già non se ne rallegroe;
     E giudicava ognun nel suo segreto,
     Che Ganellon gittassi il giacchio tondo
     A questa volta, e che toccassi fondo.

96 E perchè Orlando andato era in Guascogna,
     E non voleva a Parigi più stare,
     Ed avea seco il duca di Borgogna;
     Carlo gli scrisse ch’e’ dovessi andare
     In Roncisvalle presto, ove bisogna
     Il re Marsilio e ’l tributo aspettare:
     E che e’ dovessi deporre ogni sdegno,
     Chè non gli mancherebbe stato e regno.

97 E mandògli la lettera, che scrisse
     Gano; e giurava per la sua corona,
     Poi che son terminate l’aspre risse,
     Ed Antea ritornata a Babillona,
     Benchè d’accordo di Francia partisse,
     Che gli voleva ritorre in persona
     E Babillona e Persia e la Soria,
     E dar di tutto a lui la signoria.

98 Chè, poi ch’egli era il campion ver di Cristo,
     Volea che ’l suo sepulcro lui guardassi,
     Che tolto aveva a’ nimici di Cristo:
     Pertanto al tutto in Roncisvalle andassi;
     E perchè tanto umiliossi Cristo,
     A Marsilio ancor lui s’umiliassi:
     (Vedi s’egli era all’usato pur cieco!),
     E che menassi il conte Anselmo seco.