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270 il morgante maggiore.

119 Uno spirto chiamato è Astarotte,
     Molto savio, terribil, molto fero,
     Questo si sta giù nelle infernal grotte:
     Non è spirto folletto, egli è più nero:
     Malgigi scongiurò quello una notte,
     E disse: Dimmi di Rinaldo il vero,
     Poi ti dirò quel che mi par tu faccia:
     Ma non guardar con sì terribil faccia.

120 Se questo tu farai, io ti prometto
     Ch’a forza mai più non ti chiamo o invoco,
     E d’ardere alla morte un mio libretto,
     Che ti può sol costringer d’ogni loco,
     Sì che poi più tu non sarai costretto.
     Per che lo spirto, braveggiato un poco,
     Istava pure a vedere alla dura,
     Se far potessi al maestro paura.

121 Ma poi che vide Malgigi turbato,
     Che voleva mostrar l’anel dell’arte,
     E in qualche tomba l’arebbe cacciato;
     Volentier sotto si misse le carte,
     E disse: Ancor tu non hai comandato.
     E Malagigi rispose: In qual parte
     Si ritruovi Rinaldo e Ricciardetto
     Fa’ che tu dica, e d’ogni loro effetto.

122 Rinaldo le piramide a vedere
     È andato di Egitto, gli rispose
     Questo démone; e se tu vuoi sapere
     Tutti i suoi fatti, io t’ho a dir tante cose,
     Che ’l sonno so non potresti tenere.
     Disse Malgigi: Delle più famose
     Notizia voglio, e però non t’incresca;
     Ma dì più forte, acciò che ’l sonno m’esca.

123 Rinaldo Fuligatto aveva seco,
     Disse Astarotte, infino a qui t’ho detto,
     Quando altra volta ne parlai già teco;
     Guicciardo suo, Alardo e Ricciardetto
     Vollon veder tutto il paese greco,
     E poi passar d’Elesponto lo stretto,
     Perchè e’ sapevon per antica fama
     Del monte eccelso che Olimpo si chiama.