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canto ventesimoquinto. 285

194 Noi piglierem la Francia e la Borgogna,
     Inghilterra, la Fiandra e la Brettagna,
     La Normandia, Navarra e la Guascogna,
     La Piccardia, Provenza, e poi Lamagna;
     E basta solo a me, quel che bisogna:
     Conservar la mia sedia antica e magna;
     Il resto, imperii e regni, si sia vostro,
     Chè sanza voi son nulla, e tutto è nostro.

195 E manderò poi Bianciardino a Roma
     Al gran papasso, a comandar che vegna
     A Siragozza a pena della chioma;
     Se non, ch’io volgerò là la mia insegna,
     E in su l’altar che di Pietro si noma,
     Per mostrar più la mia grandezza degna,
     E come il ver profeta è Macometto,
     Mangeranno i cavalli a suo dispetto.

196 Per tanto ognun si metta l’elmo in testa,
     La lancia in mano, e segua il suo stendardo;
     Non so se a ricordarvi altro mi resta:
     Penso che sì, ch’ognun abbi riguardo,
     Se voi vedessi la mia sopravvesta
     Che porta un giovinetto assai gagliardo,
     Fate che questo sia salvato solo,
     Però ch’egli è di Ganellon figliuolo.

197 Poi ch’egli ebbe finita l’orazione,
     E tutti i cavalieri ammaestrati,
     Rimontò a caval Marsilione,
     E furon gli stendardi in alto dati;
     E nella prima schiera è Falserone,
     Con le sue gente, tutti bene armati,
     E Belfagorre avea nello stendardo,
     Di color nero, e ’l campo era leardo.

198 Nella seconda schiera è Bianciardino,
     Ed occupava tutta una montagna;
     Però che molto popol Saracino
     Avea con seco menato di Spagna,
     E diguazzava il vento un Appollino
     Nella ricca bandiera azzurra e magna:
     Questo Appollino offende più d’un testo,
     E dice alcun che Trevigante è questo.