299 Egli era il dì dinanzi un lupo entrato
Nella città per mezzo della turba,
E fu per male augurio interpetrato,
Chè non sanza cagion lupo s’inurba;
E la reina la notte ha sognato,
Che un gran lion la sua casa conturba:
E non sapea che ’l lione era presso,
Cioè che quel di Rinaldo era desso.
300 Sì che ell’aveva questo sogno detto;
E poi veggendo questi effetti strani,
Conturbato gli avien la mente e ’l petto,
Dicendo: Egli è mal segno pe’ Pagani;
E certo qualche spirito folletto,
Da poi che son con Orlando alle mani,
Annunziar ci vien trista novella.
E così tutta avviluppata è quella.
301 E squarciaferro per piacevolezza
Tra le gambe per sala s’attraversa
A questo e quello, onde e’ cadeva, e spezza
O vetro o vaso, e qualche cosa versa:
E tutto la reina raccapezza,
E dubitava d’ogni cosa avversa:
E così tutti i baron suoi d’intorno
Di queste cose si maravigliorno.
302 Rinaldo un pome, che si chiama musa,
A un buffon, che gli pareva sciocco,
Trasse, e con esso la bocca gli ha chiusa:
Onde e’ si volge dintorno lo ignocco,
E la reina e Luciana accusa;
Ma Ricciardetto gli dette un barnocco
Nel capo, e come una pera è caduto:
Ma ogni cosa guastò lo starnuto.
303 Chè, mentre scompigliato era il convito,
Non si potè Ricciardetto tenere,
Ch’un tratto e due e tre ha starnutito;
E non potendo chi fusse vedere,
Comunque questo romor fu sentito,
A furia ognun si lieva da sedere;
Sì che in un punto si vòta la sala,
E beato è chi ritruova la scala.