Pagina:Pulci - Morgante maggiore II.pdf/309

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306 il morgante maggiore.

299 Egli era il dì dinanzi un lupo entrato
     Nella città per mezzo della turba,
     E fu per male augurio interpetrato,
     Chè non sanza cagion lupo s’inurba;
     E la reina la notte ha sognato,
     Che un gran lion la sua casa conturba:
     E non sapea che ’l lione era presso,
     Cioè che quel di Rinaldo era desso.

300 Sì che ell’aveva questo sogno detto;
     E poi veggendo questi effetti strani,
     Conturbato gli avien la mente e ’l petto,
     Dicendo: Egli è mal segno pe’ Pagani;
     E certo qualche spirito folletto,
     Da poi che son con Orlando alle mani,
     Annunziar ci vien trista novella.
     E così tutta avviluppata è quella.

301 E squarciaferro per piacevolezza
     Tra le gambe per sala s’attraversa
     A questo e quello, onde e’ cadeva, e spezza
     O vetro o vaso, e qualche cosa versa:
     E tutto la reina raccapezza,
     E dubitava d’ogni cosa avversa:
     E così tutti i baron suoi d’intorno
     Di queste cose si maravigliorno.

302 Rinaldo un pome, che si chiama musa,
     A un buffon, che gli pareva sciocco,
     Trasse, e con esso la bocca gli ha chiusa:
     Onde e’ si volge dintorno lo ignocco,
     E la reina e Luciana accusa;
     Ma Ricciardetto gli dette un barnocco
     Nel capo, e come una pera è caduto:
     Ma ogni cosa guastò lo starnuto.

303 Chè, mentre scompigliato era il convito,
     Non si potè Ricciardetto tenere,
     Ch’un tratto e due e tre ha starnutito;
     E non potendo chi fusse vedere,
     Comunque questo romor fu sentito,
     A furia ognun si lieva da sedere;
     Sì che in un punto si vòta la sala,
     E beato è chi ritruova la scala.