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346 il morgante maggiore.

2 Ed io pur commedia pensato avea
     Iscriver del mio Carlo finalmente,
     Ed Alcuin così mi promettea;
     Ma la battaglia crudele al presente,
     Che s’apparecchia impetuosa e rea,
     Mi fa pur dubitar drento alla mente;
     E vo con la ragion qui dubitando,
     Perch’io non veggo da salvare Orlando.

3 E benchè e’ sia sopraggiunto Rinaldo
     E Ricciardetto, tuttavolta io temo,
     Nè posso ancor giudicio dar qui saldo,
     Che non si vuol conducer mai in estremo;
     Marsilio è tanto cattivo ribaldo,
     Ch’e’ farà forza di vela e di remo,
     Chè vincere o morir qui gli bisogna,
     Se non che il danno abbraccia la vergogna.

4 Orlando, poi che lasciò Buiaforte,
     Pargli mill’anni trovar Baldovino,
     Che cerca pure e non truova la morte,
     E ricognobbe il caval Vegliantino
     Per la battaglia, e va correndo forte
     Dove era Orlando, e diceva il meschino:
     Sappi ch’io ho fatto oggi il mio dovuto,
     E contra me nessun mai è venuto.

5 Molti Pagani ho pur fatti morire:
     Però quel che ciò sia pensar non posso,
     Se non ch’io veggo la gente fuggire.
     Rispose Orlando: Tu ti fai ben grosso
     Di questo fatto; stu ti vuoi chiarire,
     La sopravvesta ti cava di dosso;
     Vedrai che Gan, come tu te la cavi,
     Ci ha venduti a Marsilio per ischiavi.

6 Rispose Baldovin: Se il padre mio
     Ci ha qui condotti come traditore,
     S’i’ posso oggi campar, pel nostro Iddio,
     Con questa spada passerògli il cuore;
     Ma traditore, Orlando, non sono io
     Ch’io t’ho seguito con perfetto amore;
     Non mi potesti dir maggiore ingiuria.
     Poi si stracciò la vesta con gran furia.