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canto ventesimosettimo. 347

7 E disse: Io tornerò nella battaglia,
     Poi che tu m’hai per traditore scorto;
     Io non son traditor, se Dio mi vaglia,
     Non mi vedrai più oggi se non morto.
     E inverso l’oste de’ Pagan si scaglia,
     Dicendo sempre: Tu m’hai fatto torto.
     Orlando si pentea d’aver ciò detto,
     Chè disperato vide il giovinetto.

8 Per la battaglia correa Baldovino,
     E riscontrò quel crudel Mazzarigi,
     E disse: Tu se’ qui, can Saracino,
     Per distrugger la gente di Parigi?
     O marran rinnegato paterino,
     Tu sarai presto giù ne’ bassi Stigi.
     E trasse con la spada in modo a questo
     Che lo mandò dove egli disse presto.

9 Fece Marsilio, come dotto e saggio,
     Uno squadron ristretto di Pagani,
     Uomini tutti ch’avevon coraggio,
     E cominciorno a strignere i Cristiani;
     Sicchè del campo piglioron vantaggio:
     Quivi eran tutti quanti i capitani,
     E sopra tutti un infernal demonio,
     Ch’io dissi prima, appellato Grandonio.

10 E per ventura trovò Sansonetto
     Che combatteva al conte Orlando appresso,
     E cavògli la muffa dall’elmetto
     Chè il capo gli ha come una zucca fesso:
     E come cadde in terra il giovinetto,
     Gualtieri da Mulion quivi s’è messo.
     Per vendicar, se potea, la sua morte;
     Ma non potea, chè non è tanto forte.

11 Ulivier s’accostò con Altachiara,
     E trasse al Saracin di molte botte,
     Che col bastone ogni cosa ripara;
     Ed aveva a Gualtier le spalle rotte,
     Tanto che cadde per la pena amara
     E innanzi vespro gli parve di notte:
     Sì che Grandonio col baston fa fiacco,
     Che par quel d’Ercul quando uccise Cacco.