117 Disse Turpin: Quale è la prima cosa?
Rispose Orlando: Majestatis laesae, Idest in Carlo verba injuriosa;
E l’altra è la sorella del Marchese
Menata non aver come mia sposa;
Queste son verso Iddio le prime offese:
L’altra un peccato che mi costa amaro,
Come ognun sa: ch’io uccisi Donchiaro.
118 Disse Turpino: E’ ti fu comandato;
E piace tanto a Dio la obbedienzia,
Che ti fia facilmente perdonato:
Di Carlo e della poca riverenzia,
Io so che lui se l’ha sempre cercato:
D’Alda la bella, se in tua coscienzia
Sono state tue opre e pensier casti,
Credo che questo appresso a Dio ti basti.
119 Ha’mi tu altro a dir che ti ricordi?
Rispose Orlando: Noi siam tutti umani,
Superbi, invidiosi, irosi, ingordi,
Accidiosi, golosi e in pensier vani,
Al peccar pronti, al ben far ciechi e sordi:
E così ho de’ peccati mondani,
Non aver per pigrizia o mia secordia
L’opere usate di misericordia.
120 Altro non so, che sien peccati gravi.
Disse Turpino: E’ basta un paternostro,
E dir sol miserere, o vuoi, peccavi;
Ed io t’assolvo per l'officio nostro
Del gran Cefas, che apparecchia le chiavi,
Per collocarti nello eterno chiostro.
E poi gli dette la benedizione.
Allora Orlando fe’ questa orazione.
121 O Redentor de’ miseri mortali,
Il qual tanto per noi t’umiliasti,
Che, non guardando a nostri tanti mali,
In quella unica Virgine incarnasti,
Quel dì che Gabriele aperse l’ali,
E la umana natura rilevasti;
Dimetti il servo tuo, come a te piace,
Lasciami a te, Signor, venire in pace.