122 Io dico pace, dopo lunga guerra,
Ch’io son per gli anni pur defesso e stanco;
Rendi il misero corpo a questa terra,
Il qual tu vedi già canuto e bianco;
Mentre che la ragion meco non erra,
La carne è inferma, e l’animo ancor franco:
Sì che al tempo accettabil tu m’accetti,
Chè molti son chiamati, e pochi eletti.
123 Io ho per la tua fede combattuto,
Come tu sai, Signor, sanza ch’io il dica,
Mentre ch’al mondo son quaggiù vivuto:
Io non posso oramai questa fatica;
Però l’arme ti rendo, ch’è dovuto,
E tu perdona a questa chioma antica:
Ch’a contemplare omai suo uficio parmi
La gloria tua, e porre in posa l’armi.
124 Porgi, Signore, al tuo servo la mano,
Tra’mi di questo laberinto fori,
Perchè tu se’ quel nostro pellicano,
Che pregasti pe’ tuoi crucifissori:
Perch’io conosco il nostro viver vano, Vanitas vanitatum, pien d’errori;
Chè quanto io ho nel mondo adoperato,
Non ne riporto alfin se non peccato:
125 Salvo se mai fu nella tua concordia
Di dover col tuo segno militare:
Per questo io spero pur misericordia;
Bench’io non possi Donchiaro scusare,
Che forse or prega per la mia discordia;
Ma perchè tu sol mi puoi perdonare,
Benchè a Turpino il dissi genuflesso,
Di nuovo a te, Signor, mi riconfesso.
126 Quando tu ci creasti, Signor, prima,
Perchè tu se’ magnalmo e molto pio,
Credo che tu facesti questa stima,
Che noi fussin figliuol tutti di Dio;
Se quel serpente con sua sorda lima
Adam tentò, tu hai pagato il fio,
Come magno Signor, non obbligato,
Poi che pur era di tua man plasmato.