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canto ventesimosettimo. 385

197 E poi che in Roncisvalle andar vogliamo,
     E perchè il Sole aspetta, come è detto,
     Dove era Orlando alla fonte arriviamo,
     E Turpino, e Rinaldo, e Ricciardetto,
     Ch’ognun piangeva doloroso e gramo,
     E guardavan quel corpo benedetto.
     Ma, come Carlo in Roncisvalle è giunto,
     Parve che ’l cor si schiantassi in un punto.

198 E ragguardava i cavalieri armati
     L’un sopra l’altro in sulla terra rossa,
     Gli uomini co’ cavalli attraversati;
     E molti son caduti in qualche fossa,
     Nel fango in terra fitti arrovesciati;
     Chi mostra sanguinosa la percossa,
     Chi il capo avea quattro braccia discosto,
     Da non trovargli in Giusaffà sì tosto.

199 Tanti squarciati, smozzicati e monchi,
     Tante intestine fuor, tante cervella,
     Parean gli uomini fatti schegge e bronchi,
     Rimasi in istran modo in sulla sella,
     Tanti scudi per terra, e lance in tronchi:
     O quanta gente parea meschinella!
     O quanto fia scontento più d’un padre,
     E misera colei che sarà madre!

200 Carlo piangeva, e per la maraviglia
     Gli trema il core, e ’l capo se gli arriccia,
     E Salamone strabuzza le ciglia,
     Uggieri e Namo ognun si raccapriccia;
     Perchè la terra si vede vermiglia,
     E tutta l’erba sanguinosa e arsiccia,
     Gli arbori e' sassi gocciolavan sangue,
     Sì che ogni cosa si potea dir langue.

201 Ma poi che Carlo ebbe guardato tutto,
     Si volse, e disse inverso Roncisvalle:
     Poi che in te il pregio d’ogni gloria è strutto,
     Maladetta sia tu, dolente valle:
     Che non ci facci più ignun seme frutto,
     Co’ monti intorno, e le superbe spalle;
     Venga l’ira del cielo in sempiterno
     Sopra te, bolgia, o caina d’Inferno.