207 Carlo tremar si sentì tutto quanto
Per maraviglia e per affezione,
Ed a fatica la strinse col guanto:
Orlando si rimase ginocchione,
L’anima si tornò nel regno santo:
Carlo cognobbe la sua salvazione;
Che, se non fussi questo sol conforto,
Dice Turpin che certo e’ sare’ morto.
208 Quivi era ognuno in terra inginocchiato,
E tremava d’orrore e di paura,
Quando vidono Orlando in piè rizzato,
Come avvien d’ogni cosa oltre a natura:
Però ch’egli era in parte ancora armato,
E molto fiero nella guardatura;
Ma perchè poi ridendo inginocchiossi
Dinanzi a Carlo, ognun rassicurossi.
209 Poi abbracciâr molto pietosamente
Carlo e tutti Rinaldo e Ricciardetto,
E ragionorno pur succintamente
Della battaglia e d’ogni loro effetto;
Ed ordinossi per la morta gente
Dove fussi il sepulcro e il lor ricetto:
Ma Carlo un corpo era colmo d’angosce,
Chè tanta gente non si ricognosce.
210 E disse: O Signor mio, fammi ancor degno,
Fra tante grazie che tu mi concedi,
Ch’io ricognosca in qualche modo o segno
La gente mia che quaggiù morta vedi;
Ch’io non so dove io sia, nè donde io vegno;
E, come in Giusaffà, le mane e’ piedi
E l’altre membra insieme accozza, e mostra
Per carità qual sia la gente nostra.
211 E poi che furon nella valle entrati,
Trovoron tutti i cristian c’hanno insieme
I membri appresso, e i volti al ciel levati,
Perchè questo era d’Adamo il buon seme.
O Dio, quanti miracoli hai mostrati,
Quanto è felice chi in te pon sua speme!
E tutti i corpi di que’ Saracini
Dispersi son co’ volti a terra chini.