282 E sommene avveduta in mille cose
Ch’egli è tanto infiammato di costei,
Che non può contra le fiamme amorose
Resister, che son date dagli Dei;
E così sempre in tuo favor rispose,
Tanto che pure se’ obligato a lei:
E mentre in verità tu eri in corte,
Per mille vie già ti campò la morte.
283 Galafro fe’ mille volte disegno
Di gastigarti de’ peccati tuoi;
Ma tanto adoperò questa il suo ingegno,
Che finalmente lo ritenne poi:
E perch’io so, come gentile e degno,
Questo peccato all’anima non vuoi,
Per la corona, che tu porti in testa,
Ti raccomando e Gallerana e questa.
284 Del corpo mio, fa’ tu quel che ti pare;
L’anima so nell’Inferno è dannata.
Disse Turpin: Non tanto cicalare;
Questa è stata una lunga intemerata.
E cominciava il cappio a disegnare,
E la cappa o la tonica avea alzata:
Ed accostossi a quel carrubbio presto,
Ed attaccollo a un santo capresto.
285 Poi Bianciardin con le sue mani assetta,
Che pareva il maestro lui quel giorno;
Ed appostò con l’occhio per giubbetta
Un nespol, ch’era alla fonte d’intorno;
E l’uno e l’altro si storce e gambetta.
Così Marsilio al carrubbo lasciorno,
E Bianciardino attaccato a quel nespolo;
E Turpin gli levò di sotto il trespolo.
286 Poi ordinò che la reina Blanda
Carlo al suo padre fussi rimenata,
E molti in compagnia con essa manda,
Perch’ella era del regno di Granata:
E poi che Siragozza d’ogni banda
Era per terra tutta disolata,
Rassettò il campo e sua gente il Danese,
E ’nverso Francia il suo cammin riprese.