17 Ed io meco medesimo disputo,
Quand’io ho ben raccolta la sua vita,
Come egli abbi un error tanto tenuto:
Ma la natura divina è tradita,
E non ha sanza misterio voluto;
Chè la sua sapienzia è infinita:
Credo che Iddio a buon fine permette
L’opere sante, e così maladette.
18 Però che Carlo per esperienzia
Dovea molto saper, perchè ne’ vecchi
Accade e non in giovane prudenzia,
Poi ch’ella è figurata con tre specchi;
Avea buon natural, buona scienzia;
E come il traditor gli era agli orecchi,
E’ gli credeva ogni cosa a sua posta:
Sì ch’io non fermo ancor la mia risposta.
19 Molte volte, anzi spesso, c’interviene
Che tu t’arrechi un amico a fratello,
E ciò che fa, ti par che facci bene,
Dipinto e colorito col pennello:
Questo primo legame tanto tiene,
Che s’altra volta ti dispiace quello
E qualche cosa ti farà molesta,
Sempre la prima impression pur resta.
20 Avea già lungo tempo Carlo Magno
Tenuto in corte sua Gan di Maganza,
Ed oltre a questo vi vedea guadagno,
Però che Gano avea molta possanza,
E qualche volta gli fu buon compagno:
E perchè molto può l’antica usanza,
L’abito fatto d’uno in altro errore
Facea che Carlo gli portava amore.
21 Altri direbbe: dimmi ancora un poco:
Gan sapea pur ch’egli avea tradito,
E ch’e’ doveva alfine ardere il foco:
Come non s’era di corte partito,
Acciò che riuscissi netto il giuoco,
Sendo tanto mascagno e scalterito?
Credo ch’io l’abbi in altro cantar detto,
Ch’ogni cosa si fa per un dispetto.