82 Io lascio molte cose egregie e degne,
Ch’io non posso seguir con la memoria,
E in ogni parte ove fur le sue insegne
Accompagnar d’una in altra vittoria;
Ma se morte anzi tempo non ispegne
Il vero lume a mostrar questa istoria,
Con altro stil, con altra cetra e verso
Sarà ancor chiara a tutto l’universo.
83 Or come avvien che il generoso core
Cose magne ricerca infin se sogna,
Così intervien che il nostro imperatore,
Poi ch’egli ebbe Aquitania e la Guascogna,
E liberata la Chiesa e ’l Pastore,
Percosse nella eretica Sansogna,
Ch’era più ch’altra regione allotta
Dal culto falso de’ demon corrotta.
84 Questa guerra fu più laboriosa
Che alcun’altra, per gli uomini strani,
A cui molto la nostra fede esosa
Era, ingannati dagli idoli vani;
Gente crudele e molto bellicosa,
Che dannava ogni legge de’ Cristiani;
Carlo n’andò coll’esercito a furia,
Per vendicar del suo Cristo la ingiuria.
85 Sì che, più volte alla fede redutti,
Si ritornaron nello antico errore,
Poi che gl’Idoli van furon distrutti
Per la virtù del nostro imperadore;
Pure alla fine battezzati tutti,
Riconobbono il vero Redentore,
E l’idolatria loro essere inganni:
E così combattêr trentatrè anni.
86 Carlo poi per istatici domanda
Diecimila di lor, come prudente,
Ed ordinò che per tutto si spanda
Pe’ paesi di Francia quella gente,
E pe’ liti d’Ilanda e di Silanda:
Così la lor perfidia finalmente,
Diradicata come falsa legge,
Aggiunse nuova torma alla sua gregge.