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46 il morgante maggiore.

7 E disse: Che credevi tu far, matto?
     I granchi credon morder le balene!
     Poi verso la fanciulla andò di tratto,
     Pargli discreta, nobile e dabbene;
     E domandolla come stessi il fatto,
     Onde tanta disgrazia a questa avviene.
     Costei pur piange, e Morgante domanda,
     Ma finalmente se gli raccomanda,

8 Dicendo: Non pigliassi ammirazione,
     Se prima non risposi a tue parole,
     Tanto son vinta dalla passione;
     Ma se di me pur per pietà ti duole,
     Io ti dirò del mal mio la cagione,
     Che per dolor vedrai scurare il sole:
     Come tu vedi, stata son sett’anni
     Con pianti, con angoscie e amari affanni.

9 Il padre mio ha fra gli altri un castello
     Che si chiama Belfior presso alla riva
     Del Nilo, e Filomeno ha nome quello;
     Un dì fuor delle mura a spasso giva:
     Era tornato il tempo fresco e bello
     Di primavera, ogni prato fioriva;
     Come fanciulla m’andavo soletta,
     Per gran vaghezza d’una grillandetta.

10 E ’l sol di Spagna1 s’appressava all’onde,
     E riscaldava Granata e ’l Murrocco,
     Dove poi sotto all’Ocean s’asconde;
     E pur seguendo il mio piacere sciocco
     Un lusignuol sen gia di fronde in fronde,
     Che per dolcezza il cor m’aveva tocco,
     Pensando come e’ fu già Filomena;2
     Ma del Nil sempre segnavo la rena.

11 Mentre così lungo la riva andava,
     Il lusignuol si fugge in una valle,
     Ed io pur drieto a costui seguitava,
     Cogliendo violette rosse e gialle;
     Ma finalmente in un boschetto entrava,
     E’ be’ capelli avea drieto alle spalle,
     E posto m’ero in su l’erba a sedere,
     Ché del suo canto n’avea gran piacere.