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canto decimonono. 59

72 Dicendo: Io non ci veggo cosa alcuna
     Da ber, nè da mangiar, nè da dormire;
     Acciò che non facessi la fortuna
     Qualch’aspra fiera ci avessi assalire.
     Caminorono al lume della luna
     Tutta la notte con assai martìre,
     E ’nsin che fu fornito l’altro giorno;
     Che da mangiar nè da ber mai trovorno.

73 Ed erono affamati ed assetati,
     E rotti e stracchi per lungo cammino;
     Margutte un tratto gli occhi ha strabuzzati,11
     Ch’era per certo il diavol tentennino.
     Dice Morgante: Margutte, che guati?
     Io vedo che tu affisi l’occhiolino;
     Aresti tu appostata la cena?
     Disse Margutte: Che ne credi? appena.

74 Io veggo quivi appoggiato, Morgante,
     A un albero un certo compagnone,
     Che par che dorma, e non muove le piante:
     Di questo non faresti tu un boccone,
     Morgante guarda: egli era un liofante,
     Che si dormiva a sua consolazione;
     Ch’era già sera, ed appoggiato stava,12
     Come si dice, e col grifo russava.

75 Disse Morgante: Dammi un poco in mano,
     Margutte, presto la tua scimitarra.
     Poi s’accostava all’albero pian piano;
     Ma non arebbe sentite le carra,
     Sì forte dorme, l’animale strano.
     Morgante allor nelle braccia si sbarra,
     E l’arbor sotto alla bestia taglioe,
     Che sbalordita rovescio cascoe.

76 E cominciava a rugghiar tanto forte,
     Che rimbombava per tutto il paese:
     Dette alle gambe a Morgante due torte
     Col grifo lungo; Morgante gliel prese,
     E colla spada gli dette la morte,
     Tanto che tutto in terra si distese.
     Dicea Margutte: Questa è sì gran fiera,
     Ch’io cenerò pure a macca stasera.