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canto decimonono. 65

102 Or oltre, sù, govèrnati a tuo modo;
     Rispose allor Morgante d’ira pieno:
     io so che ’l mio battaglio fia più sodo,
     E non bisognerà guinzaglio o freno.
     Intanto la fanciulla disse: Io odo
     Alcun qua che ricorda Filomeno;
     Conoscilo tu, oste, o sai chi e’ sia,
     E ’n qual paese egli abbi signoria?

103 Rispose l’oste: Quel che tu domandi
     Io intendo Filomen sir di Belfiore:
     Acciò che più parole non ispandi,
     Sappi che Filomeno è qui signore;
     E siam tutti parati a’ suoi comandi
     Per lunga fede e per antico amore,
     E regge il popol suo tranquillo e lieto,
     Come giusto signor, savio e discreto.

104 Vero è che lungo tempo è stato in pianto,
     Però che gli fu tolta una sua figlia,
     Nè sa chi la togliessi; ed è già tanto,
     Che ritrovarla saria maraviglia:
     Poi che l’ebbe cercata indarno alquanto,
     Vestissi a bruno lui e la sua famiglia;
     E non ci gridan poi talacimanni;
     E così son passati già sette anni.

105 Questa fanciulla diventò nel viso
     Subitamente piena di dolcezza,
     E parve il cor da lei fussi diviso,
     E pianse quasi di gran tenerezza,
     Dicendo: Or son tornata in paradiso,
     Dove solea gioir mia giovinezza.
     Pensoe di troppo gaudio venir meno,
     Quando sentì che vivo è Filomeno.

106 Morgante molto allegro fu di questo,
     E disse: Io son sì contento stasera,
     Che s’io morissi non mi fia molesto.
     Margutte mio, noi farem buona cera,
     Ed è pur buon ch’io t’abbi fatto onesto.
     Disse Margutte, che malcontento era:
     Se tanta coscienzia pur ti tocca,
     Ricûciti una spanna della bocca.