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canto ventesimo. 83

2 Era tanto la mente mia legata
     Dal bel cantar dinanzi, ch’io trascorsi
     Alquanto fuor della via prima usata;
     Or dello error commesso mi rimorsi,
     Torno a laudar te, Vergine beata,
     Colla cui grazia sol la penna porsi
     A questa istoria, e tu m’aiuterai,
     E ’nsino al fin non m’abbandonerai.

3 Gano scriveva un giorno a Malagigi,
     Che prieghi Antea che debba liberarlo;
     Chè sa che più tornar non può a Parigi,
     Però che sbandeggiato era da Carlo;
     E che Rinaldo è in guerra e ’n gran litigi,
     E grande amor lo sforza ire aiutarlo:
     E se dovessi lasciar ben la pelle,
     Gli arrecherà di lui buone novelle.

4 Malgigi, poi che la lettera lesse,
     La stracciò prima, e beffe ne facea,
     Poi gl’increbbe che in carcer tanto stesse;
     E finalmente un dì pregava Antea,
     Che Ganellon liberar gli piacesse;
     E per suo amore Antea gliel concedea:
     E così Gan di prigion fu cavato,
     E ’nverso Pagania presto n’è andato.

5 Va discorrendo per molti paesi,
     E cerca pur d’Orlando investigare;
     Orlando e tutti gli altri erano attesi
     Di Spinellone il corpo a onorare,
     E rimandato l’ha con ricchi arnesi
     Nella sua patria, e fatto imbalsimare,
     E da quattro destrier bianchi è portato
     Alla sorella, ov’egli era aspettato.

6 Il re Costanzo ha fatto similmente,
     Chè si ricorda de’ suoi beneficj,
     Ed onorata tutta la sua gente,
     E dato a chi volea di loro uficj:
     In questo mezzo il traditor dolente,
     Ch’era il padre di tutti i maleficj,
     Per tutta Pagania ne va cercando;
     Ma non poteva ancor trovare Orlando.