17 Ganellon ch’era malizioso e tristo,
Diceva: Io son suo capital nimico,
Ed è gran tempo già ch’io non l’ho visto:
Di Carlo ha fatto ch’io non sia più amico;
Io lo perseguo come Pagol Cristo,
Però che ’l nostro sdegno è molto antico:
Dunque io mi dolgo se t’ha fatto torto,
E molto più del tuo fratel c’ho morto.
18 Ma ciò ch’uom fa per difender la vita,
È lecito, e d’averne discrezione;
Perch’io mi vidi la strada impedita,
Io feci sol per mia difensione.
E sì ben ebbe questa tela ordita,
Che gli mutò di loro opinione;
Ed accordàrsi di conducer quello,
Dove era la lor madre, in un castello.
19 Era chiamata la madre Creonta,
E Ganellone innanzi gli è menato;
E ciò ch’è stato ogni cosa si conta,
E come egli abbi il figliuolo ammazzato:
E mentre ch’ogni cosa si raffronta,
Evvi un pastore a caso capitato,
Quel che provide sì tosto al capresto,
E riconobbe ben chi fussi questo.
20 Quand’egli ha inteso ciò che si ragiona,
Che Ganellone in carcer fussi messo,
Sapeva come Orlando è in Babillona,
Ed accostossi quanto potè appresso,
E disse: Io vo’ camparti la persona;
Sappi ch’Orlando è in Babillona: adesso
Io vo a trovarlo, e sarò presto seco;
E son colui che impiccai colui teco.
21 Gan fece vista non l’avere inteso,
Perchè del suo parlar nessun s’accorse;
E fu menato alla prigion di peso,
Perchè la donna era rimasa in forse
D’ucciderlo, o tenerlo così preso:
Questo pastor la notte e ’l giorno corse,
Tanto ch’a Babillona trovò Orlando,
E del suo Ganellon gli vien contando.