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canto ventesimo. 89

32 E ’l mar pur gonfia, e coll’onde rinnalza,
     E spesso l’una coll’altra s’intoppa,
     Tanto che l’acqua in coverta su balza,
     Ed or saltava da prora or da poppa:
     La nave è vecchia, e pur l’onda la scalza,
     Tal che comincia a uscirne la stoppa;
     Le grida e ’l mare ogni cosa rimbomba:
     Morgante aggotta,2 ed ha tolta la tromba.

33 I marinai chi qua chi là si scaglia,
     Però che tempo non è da star fermo;
     Mentre che ’l legno in tal modo travaglia,
     E cristian forte chiamavan sant’Ermo,3
     Pregando tutti che ’l priego lor vaglia,
     Che debba alla tempesta essere schermo;
     Ma nè santo nè diavol non accenna,
     E in questo l’arbor si fiacca e l’antenna.

34 Gridò Scirocco: Aiutaci, Macone:
     Ed albera l’antenna di rispetto,4
     Ed a mezza asta una cocchina5 pone,
     E per antenna è l’alber del trinchetto:6
     Intanto un colpo ne porta il timone,
     E quel ch’osserva percuote nel petto;
     Tanto ch’egli ha la nave abbandonata,
     E portal morto via la mareggiata.

35 Non si può più la cocchina tenere,
     Ch’un altro gruppo ogni cosa fracassa,
     E la mezzana7 ne porta giù a bere,
     Bench’ella fussi temperata bassa:
     Subito misson per poppa due spere,8
     E ’l mar pur sempre disopra su passa,
     E non s’osserva del nocchier più il fischio,
     Come avvien sempre in un estremo rischio.

36 Era cosa crudel vedere il mare:
     Alzava spesso, ch’un monte parea
     Che si volessi a’ nugoli agguagliare:
     La nave ritta levar si vedea,
     E poi sott’acqua la prora ficcare;
     Talvolta un’onda sì forte scotea,
     Che sgretolar si sentia la carena;
     E cigola e sospira per la pena.