Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/182

Da Wikisource.

— 112 —

«Governo di una carbonaia in una sera d’inverno»; di «Un ponte all’Ariccia»; di «Il mare, il Circeo e le Paludi Pontine.»


Nel 1855 mi incontrai all’Ariccia con Emile David. Egli era più filosofo che artista ed assai mi giovò col mettermi al giorno dei principi che avean fatto grande l’Arte Francese.

Egli cacciò dalla mia testa qualsiasi adorazione di idoli fabbricati. Ed un giorno, mentre gli descriveva un gran quadro che io pensava di dipingere raffigurante «Cola di Rienzo che ascende il Campidoglio seguito da trecento Regolanti», mi disse subito:

— E così farà un buco nell’acqua.... Prenda la testa di una ciociara, la dipinga proprio come è; e farà la miglior cosa che in pittura sia stata fatta da qualche secolo in Italia.

Io gli risposi:

— Questo io cerco di fare. Quando ella verrà da me a Roma le mostrerò un quadro che io aveva già finito nel 52, condotto coi concetti che ella mi esprime.

— Bravo!... Ed allora seguiti!

E così fui confermato nel mio sentimento e nelle mie vedute artistiche.


Nella nostra vita all’Ariccia si andava ogni giorno a lavorar dal vero a grandi distanze, cavalcando un asinello. Una bella sera d’inverno, tornando a casa, si ammirava in lontananza l’azzurro del mare, che tagliava sull’oro del cielo attraverso i rami delle quercie invernali. Mentre eravamo in estasi, il mio asino sferrò una coppia di calci e con una gropponata mi gettò a terra. Ed io che avevo in mano lo spuntone dell’ombrello, pieno d’ira, senza rialzarmi lo lanciai nelle parti deretane dell’animale; che continuò a scappare con quella specie di dardo conficcato nelle stesse. Comparve il David con i suoi occhiali, il quale in tono amaro, ma pacato, mi disse:

— Lei, così, ammazzerà la sua bestia.

Io chiamai questo fatto «la conversione di San Paolo». E,