Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/229

Da Wikisource.

— 143 —

e li aiutassi e li sostenessi, mai con essi mi confusi. Chi la mia pittura conosce ed intende, è al caso di sapere come questa, da me maturata e stabilita fin dal 1852, da quella dei «Macchiaioli» sostanzialmente si distingua sì per il sentimento come per la tecnica.


Da più che due anni la vita mia, tutta dedita al lavoro artistico, era trascorsa tra la solitudine delle spiaggie pisane e le appassionate discussioni artistiche tra i confratelli fiorentini, l’arte mia erasi ormai maturata; mi parve, quindi, fosse per me venuto il tempo per attuar il mio antico proposito di an-. darmene nei due maggiori centri artistici di allora, Parigi e Londra, a veder ciò che si faceva da quei rinomati pittori per avere, dal confronto, la misura di quanto facevo io. Del resto io non ero, nel mondo artistico delle due città, del tutto ignoto. Quando nel 1856 io avevo esposto a Roma il mio quadro delle «Donne che imbarcano legna a Porto d’Anzio» la stampa straniera se ne era occupata con favore, segnatamente il Journal des Débats, che era a quel tempo assai reputato e diffuso. Molti di quegli artisti eran capitati a Roma ed all’Ariccia ed io, che già potevo vantare una quindicina di anni di intensa attività artistica, ne avevo conosciuti molti. C’erano poi Federigo Leighton e Giorgio Mason che, da anni, mi mandavano ripetuti calorosi inviti a raggiungerli. E decisi il mio viaggio.