Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/246

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strada. Del popolo toscano egli avea la naturale vivezza d’ingegno e l’innato senso d’arte. Però il suo spirito artistico era quello di un uomo del Quattrocento; egli vedeva e sentiva la forma e il colore con gli occhi e con l’animo di un artista di quest’epoca. Eppur egli non era nè un copiatore nè un imitatore come tanti altri; bensì produceva opere sue originali ma vedute, concepite e sentite attraverso il quindicesimo secolo. Io conoscevo un inglese, il quale avea una testa quattrocentesca ed assai ci teneva. Per aiutar Bastianini — come cercai sempre di fare finchè egli visse — ottenni che si facesse fare un busto da questo. Ed egli accondiscese; ma lo fece fare essendo pettinato e vestito all’ultima moda. Bastianini incominciò questo lavoro, ma gli riuscì assai deficiente.

I miei rapporti col povero Bastianini non durarono per molto tempo, dopo che lo avevo scoperto. Morì nel suo studio, fra le sue opere, di una brevissima malattia di due o tre giorni.


Il busto di Savonarola tornò dal Museo di San Marco allo studio di Cristiano Banti, dove era rimasto tanti anni e molti anni ancora vi rimase proprietà nostra comune. Finchè ci decidemmo ad accettare le rinnovate offerte del Museo di South Kensington di Londra, al quale lo cedemmo per le diecimila lire che c’era costato. E, beninteso, in quel museo figura e vi è ammirato quale opera del povero Bastianini.


Molti anni più tardi conobbi un perugino, che, pure, viveva, sfruttato dai soliti disonesti trafficatori di falsificazioni dell’antico, che questi retribuivano anche assai scarsamente. Egli non era certo all’altezza di Bastianini, ed i suoi lavori erano di arte decorativa e mobili del Quattrocento. Anche questo distinto artista, procurandogli buone commissioni da amici inglesi, io ebbi la fortuna di riuscire a strappare ai suoi vampiri; ed a farlo lavorare sotto il suo nome, ritraendone onore e larga rimunerazione.