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il corpo al comando di Luigi Pianciani concentrato in Sardegna; che, però, avea poi chiamato, pur questo, in Sicilia.

Io, allora, da Firenze avevo ripreso contatti con i Romani fuorusciti e con gli amici rimasti in Roma per accorrervi al momento buono. La forza delle cose avea impedito che, dopo il Volturno, si procedesse verso Roma. Ma, dopo la portentosa liberazione del Regno di Napoli, la Quistione Romana era all’ordin del giorno della Nazione. Invano il genio di Cavour, pochi mesi prima che il grande uomo di Stato venisse a morte, avea pensato di sedare le impazienze delle aspirazioni nazionali per Roma, facendo questa proclamare Capitale del Regno dal primo Parlamento Italiano. Scomparso Cavour, salito al potere l’inetto ed incerto Rattazzi, il moto degli spiriti più avanzati per Roma era sfuggito ad ogni controllo del Governo, che non avea saputo nè contenerlo nè secondarlo. L’anno avanti si era avuta la spedizione così dolorosamente interrotta ad Aspromonte, ed io ero lontano. Potevano prodursi nuovi fatti. Ecco perchè era mio desiderio di non lasciar l’Italia.


Una lettera, però, di Federigo Leighton, giuntami verso la primavera del 1863, sopravvenne a sconvolgere tutti i miei piani.

Mi scriveva Leighton facendomi un bel doloroso quadro delle condizioni in cui era ridotto il comune nostro amico e confratello Giorgio Mason. E mi chiamava al soccorso di lui, incitandomi ad andare a sollevarne lo spirito ed aiutarlo a rimettersi al lavoro, vivendo qualche tempo con esso.

Giorgio Mason, lasciata Roma nel 1850 come già ho riferito, era tornato in Patria per sposare una sua cugina alla quale egli s’era fin dall’adolescenza promesso. Il matrimonio era avvenuto nel 1857 ed i giovani sposi aveano stabilita la loro dimora in una loro vecchia e diruta casa signorile, Wetley Abbey, nello Staffordshire. Il grande talento artistico di Giorgio Mason non avea avuto ancora, nel suo paese, il riconoscimento che indubbiamente meritava, e che egli ebbe più tardi. Anche