Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/271

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incognito?... Era semplicemente questo: che, morto un suo zio, Giorgio Howard era diventato Conte di Carlisle ed era andato in possesso di tutti i castelli, Ie terre, i palazzi, le proprietà che in Inghilterra formano il molto cospicuo appannaggio dei primogeniti delle famiglie dei Lords ereditarii. Questo mutamento di fortuna in nulla cangiò alla nostra ormai non più recente amicizia se non in questo: che il Conte e la Contessa di Carlisle divennero grandi compratori dei quadri che io esponeva a Londra o che essi, nei lor viaggi in Italia, vedevano nel mio studio anche, talvolta, appena cominciati. E questo avvenne, per esempio, del mio gran quadro «Frate Francesco e Frate Sole».

Quelli tra i miei quadri che più io ami sono, ora, lor proprietà, avendo essi ricomprato mie opere da me già vendute ad altri. E questo è stato sempre per me, come è, un gran conforto che attenuava il dispiacere, che ho sempre provato al momento di separarmene. Ho potuto più volte rivederli nelle mie dimore in Inghilterra; e mi par di non essermene distaccato del tutto, poichè la somma gentilezza di questi miei vecchi amici, con le ripetute dimore che io vi ho fatto assieme alla mia famigliuola, fan che io consideri le lor residenze di Naworth Castle, di Castle Howard, di Palace Green un po’ come casa mia.

Del resto Giorgio Howard, anche quando fu Conte di Carlisle e sedette alla Camera dei Lords come pari d’Inghilterra, rimase sempre, oltre che un affezionato amico, un artista: ed ha sempre meco trattato come con un compagno di lavoro. E come tale, più volte, a Roma, a Bocca d’Arno, a Siena o dovunque io fossi a lavorare dal vero, è, spontaneo, venuto a viver e lavorar meco nella semplice mia casa di artista. Ed a lungo vi ha dimorato, laborioso e felice.


Essendo stata, questa mia amicizia con gli Howard, di capitale importanza nella mia vita e per la fortuna dell’arte mia, credo sia interessante che io narri il curioso caso a cui la debbo.