Pagina:Raccolta di rime antiche toscane - Volume primo.djvu/118

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XV.


Ben si conosce lo servente, e vede,
Lo qual sua Donna di puro cuore ama,
Che ciò, ch’è dentro, fora mostra in fede,
Sempre di lei isguardando la fama:
E sempre sua innoranza, e valor chiede;
Altro non prezza, non disia, nè drama:
Nè moverìa per cosa alcuna il piede
In ciò, ch’a lei già mai recasse infama.
Dicol per voi, Madonna, veramente:
Ch’io non potrei savere alcun dannaggio,
Che vi facesse danno, o disonore,
Che non desse tormento al mio coraggio:
Di cosa detta mi sento dolente
Ed a voi rendo me, come a Signore.


XVI.


Non per mio fallo (lasso) mi conviene
Addimandar perdono, e pïetanza,
Ed amorosi pianti, e dolci pene
Patir, ch’io n’aggio, non per mia fallanza:
Ma ’l fino Amore tanto mi distiene
Ch’aggio in ver quella, in cui tegno speranza,
Ch’io porto in pace ciò, che m’addiviene;
E di penar non faccio dimostranza.
Però che ’n breve sua mercede attendo;
Che la mia donna è saggia, e canoscente;
Sì che tornare al primo luoco spero;
Perch’io non son colpevol conoscendo;
Ma pregherolla pïetosamente,
Ch’ella mi dica, perché m’è guerrero.