Pagina:Ragguagli di Parnaso.djvu/36

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12 RAGGUAGLI

che il mondo era giunto alla fine di presto dover ritornar al suo primo principio, poi che la scelerata perfidia di alcuni era pervenuta à tal colmo di empietà, che fino si era ritruovato, chi più volontieri haveva esposto la carissima gioia della vita al manifesto pericolo di esser dilaniato da carnefici per aquistar la mala, che la buona fama. Due giorni dopo l’arrivo del Corriere à così gran Monarca furono decretate le solite esequie. Onde non solo tutto Parnaso fu veduto coperto di cottone, ma ogni letterato vestì la gramaglia funerale, e per mostrar a tutto il sacro Collegio de i vertuosi, che era mancato al mondo il Padre delle buone lettere, il Mecenate de i vertuosi, le stesse Serenissime Muse con le chiome disciolte, in habito vedovile assisterono al pio offitio delle esequie; atto di mestitia non più veduto in Parnaso dopo la morte del liberalissimo Ottaviano Augusto. Più di dugento lucubratissime orationi recitarono i Letterati di tutte le Accademie, delle Universitadi, e delle sette de’ Filosofi, e pur delle infinite vertudi di così gran Re solo fu lodato il sopra humano valor militare di lui, è ben vero, che per i molti gemiti de i vertuosi gli Oratori poco furono uditi. Onde parendo ad Apollo, che spetie di crudeltà fosse con il pugnale della ricordanza di così lacrimevol perdita perfricar l’acerba ferita, che con il mondo tutto haveano fatta le buone lettere, comandò, che le esequie di Re tanto magnanimo non piu si proseguissero, poi che tale, e tanto era il bene, che si era perduto, che per non viver in perpetua afflittione il mondo doveva sforzarsi di presto scordarsene; e tanto maggiormente, quanto le heroiche vertudi dell’invittissimo Re Enrico a tal colmo di eminenza erano


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