Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/163

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conserva la stessa natura; se non che i suoi modi sono più civili, più adatti alla diversa sfera in cui vive. La sua destrezza però è somma, imperocchè quando siede riesce pur anco ad incrocicchiare le gambe l’una sull’altra, ed a muovere i piedi, come sogliono fare gl’Inglesi. Nelle nozze, ed in altre occasioni solenni, i cavalieri e le dame prendono posto con tutta gravità sopra cuscini, ed assistono ad un ballo, che l’orchestra accompagna colla musica. La destrezza e la grazia di cui fanno prova questi fantocci in tali balli, è per dir vero meravigliosa, imperocchè, non solo eseguiscono i passi più difficili, colla leggerezza e col garbo che potrebbero spiegare la Cerrito, o la Pepita, ma tutti i loro movimenti, tutti i loro atteggiamenti, la convenienza colla quale s’inchinano, ringraziano, salutano movendo le braccia, hanno qualche cosa di sorprendente. Nulla vi si trascura, di quanto può contribuire alla riuscita di un’azione coreografica. Sono messi a contribuzioni Goethe, Shakspeare, Dante, e tutti questi fantocci si muovono, si agitano, quasi svolazzano come farfalle, ed ogni ballo ha sempre fine con un gruppo pittorico, e talvolta con un fuoco di artificio. In una parola, l’arte di far ballare i fantocci, raggiunse al teatro di S. Apollinare il non plus ultra.

Abbiamo pertanto veduta una parte lieta almeno, di questa Roma seria, malinconica, severa, e Pulcinella lieto e festoso in mezzo a tutte queste rovine, sopra tutte queste catacombe, nè più nè meno dei grilli che cantano fra l’erbe dei ruderi del palazzo dei Cesari, e delle rondini, che cinguettano sulla tomba di Cecilia Metella.

III.

Vorrei ora portare il mio lettore ancora nel teatro popolare di piazza Navona, ma sento la voce di un ragazzo che predica, e quella mi tenta ad entrare nella antica e bella basilica di Ara Cœli, in Campidoglio. Ivi predicano