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Napoleone nella piccola isola d’Elba, occupato ad aprire strade a muovere sassi, rappresenta l’uomo assorto nei suoi pensieri, il quale traccia figure e linee nella sabbia; ricorda il vecchio Federico, il quale seduto dopo perduta la battaglia di Brunnenrohre, tormenta il terreno col suo bastone.

Il suo sguardo cadde un giorno sullo scoglio di Palmarola. Mandò quattordici guardie a prendere possesso di quell’isoletta che nessuno pensò a disputargli, siccome quella che era interamente disabitata. Le vecchie guardie innalzarono una torre, e per tal guisa furono ampliati i confini dell’impero.

Napoleone fece pure occupare, e munire di alcune fortificazioni, la piccola e deserta isola di Pianosa, donde Augusto aveva mandato in esilio suo nipote Agrippa Postumo, che Tiberio non tardò a far uccidere per mezzo di un sicario. Forse Napoleone fu a ciò indotto da quel ricordo imperiale, o dalla sorte toccata ad Agrippa, che pensava potere essere pure la sua.

Costrusse magazzini, calate, scuderie, un lazzaretto, e perfino il picccolo teatro di Portoferraio, nel quale aveva il suo palco imperiale, nè più nè meno che a Parigi. Fece pure scelta per sè di una casa di campagna. Una strada aperta da lui alla diritta del golfo, porta a questa Versailles dell’Elba. L’imperatore vi si recava sovente a piedi od a cavallo, fermandosi a conversare con i villici i quali percorrevano la via, spingendo davanti di sè i loro ciuchi, carichi dei prodotti della terra. La valle dove sta la villa di S. Martino, e dove Scipione Nasica prima, aveva posseduto un palazzo amenissimo, si apre fra le imponenti montagne che sorgono dal lato prospiciente la Corsica. La attraversa un rivo profondamente incassato, sulle sponde del quale crescono numerose e folte piantagioni; vi si scorgono molte abitazioni nascoste in parte dalle fronde degli alberi, e dove la vista è libera, si vedono lunghi filari di vigne, che ricordano la Campania felice di Napoli. Chi avesse l’animo tranquillo, potrebbe vivere