Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/376

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ed i gufi, i pipistrelli, disturbati nella loro quiete, svolazzavano su e giù in tutti i sensi, facendo udire i loro lamenti selvaggi. Non si può dare ad altri un’idea precisa di quella grotta, imperocchè ognuno la contempla a suo modo, e secondo la sua natura la popola di varie figure fantastiche.

Si applicarono, come è naturale, vari nomi agli scherzi più notevoli delle stalattiti e degli scogli, e parecchi me ne furono nominati e fatti osservare, fra i quali ricordo unicamente i così detti Trofei romani, accidenti di roccie e stalattiti, che per dir vero ricordano fino ad un certo segno, quei trofei che si vedono a Roma sulla salita che porta al Campidoglio.

Trovansi del resto nei dintorni varie grotte naturali nei monti, le quali possono avere servito nei tempi andati di stanza ad eremiti, ed uno di questi abitò tuttora nel 1838, una grotta nel monte Avrienna, presso Collepardo. Era un giovane francese per nome Stefano Gautier, il quale era giunto nel settembre di quell’anno, dicendo avere seguito la vocazione divina, che lo chiamava alla vita centemplativa in quella remota solitudine. Il singolare forastiero si stabilì in quella caverna, dove gli si recava cibo; viveva solo, pregava, lo si vide spesso in Collepardo, Veroli, e nella certosa di Trisulti, dove visitava le chiese e s’intratteneva con i monaci. La sua vita era più che regolare, poteva dirsi vita di un santo, e sì che desso era tuttora giovane d’età. Erano trascorsi già due anni dacchè si trovava in quella solitudine, allorquando un bel giorno comparvero gli arcieri i quali circondarono la grotta, arrestarono l’eremita e lo portarono via prigione. Nessuno ne conobbe la ragione, e nessuno udì di poi fare parola del solitario; si seppe unicamente che desso era stato portato a Roma, e consegnato alla giustizia di Francia, correndo voce vaga fosse implicato in uno dei vari attentati contro la vita di Luigi Filippo, e che, fuggito, in Italia, si fosse ritirato nei monti di Collepardo per farvi penitenza del suo misfatto, o colla speranza di sottrarsi all’azione punitrice delle leggi.