Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/381

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nastero, che chiamava i monaci alla preghiera, e mi pareva essere trasportato in pieno medio evo. Mi avanzai verso uno dei monaci, mi diedi a conoscere quale viaggiatore, e lo pregai della ospitalità per una notte. Il fratello laico; che tale era desso; mi additò la via del monastero dove mi sarei dovuto far annunciare al guardiano, e dopo avere camminato breve tratto lungo una siepe, mi trovai di fronte alla certosa. La vista su quei monti alti e solitari, su quelle rupi dove a mala pena si arrampica il viandante, di una oasi di bella coltivazione, che vi appare tutto ad un trappo, e vista propriamente incantevole e sorprendente. Il regno terreno, l’Eden di quei monaci splendeva in mezzo ad una lussureggiante vegetazione, in modo fantastico ed ammirevole. La certosa non si compone già di un unico edificio, ma di una quantità di cappellette, di chiese, di recinti, di costruzioni di diversa natura, adatte a diversi usi, tutte in buono stato di conservazione, e tali da annunciare l’agiatezza, la prosperità. Scorgevansi tutto all’intorno piante annose od isolate o riunite in gruppi, tori, vacche, pecore, capre che pascolavano liberamente, monaci che andavano qua e là, coltivatori intenti a lavorare; quadro di operosità di buon numero di persone, che tutte sono mantenute dal monastero.

Il guardiano, uomo di alta statura, di aspetto serio, con lunga barba, mi accolse molto cortesemente alla porta della prima corte, dicendomi di presentarmi al superiore, il quale avrebbe dati gli ordini perchè fossi ricevuto ed avessi stanza. Venni introdotto nella corte interna, vasta di forma, rettangola e formata dai casamenti della certosa, e dalla facciata della chiesa principale. Ogni cosa è mantenuta quivi con una cura ed una pulizia particolare; le costruzioni del resto non sono punto antiche, e dallo stile architettonico si riconosce, che risalgono soltanto al secolo XVIII. Nell’interno sono lunghi e spaziosi corridoi, fiancheggiati in ambo i lati dalle celle dei monaci, Trovai il superiore occupato a scrivere in un’ampia stanza, e