Pagina:Rime (Andreini).djvu/274

Da Wikisource.
262

     Hor degni del tu’ amor Ninfa incostante,
     Ch’egli in se stesso in breve
     Provi le mie sventure, e le mie pene,
     Ed habbia nel suo mal pietà del mio;
     Meco pur sospirando si quereli,
     E meco i boschi, e l’ora
     De l’incostanza tua risuonar faccia;
     Si ch’altri mai non sia folle cotanto,
     Ch’al tuo leggiero amor l’animo inchini.
     Ma tù, che splendi ne la terza sfera
     Vaga amorosa Dèa,
     Se ’l tuo bel Nume altero,
     Che sù nel quinto Ciel la spada stringe
     Ogn’hor sia teco, à me benigna arridi.
     Per le vittime offerte,
     Che ancor fumanti stanno
     Sopra gli altari tuoi, per quegli incensi,
     Che spiran’ anco odor, per quelle, ch’io
     Verso lagrime amare
     Habbi di me pietade;
     Di me, che le saette del tuo figlio
     Troppo pungenti, e troppo ardenti provo.
O più d’ogn’altra Dèa bella, e gentile
     Se vedi, che ’l mio mal non è mia colpa,
     Perche non mi consoli?
     Sì grave è ’l dolor mio,
     Che ben dura è quell’alma,
     Che m’ode lamentar con ciglio asciutto.
     Sol la mia fera Clori,
     C’hà di diamante il petto;
     E di diaspro il core,
     O pur com’io mi creda


E senza