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Delle stampe posteriori a la Giuntina compilò un buon specchietto il prof. Ercole: onde io mi limiterò a parlare di quelle sole, in cui credo il precedente editore abbia lasciato qualche lacuna di osservazione e che contengono rime inedite.

La Bella mano di Giusto de’ Conti Romano Senatore - Patisson, Parigi 1515, nell’appendice contiene «rime antiche di diversi» raccolte dal Corbinelli.

Vi sono stampati sei sonetti prima inediti. Bene osservarono l’Arnone e l’Ercole che essi sono nell’ordine dato da Cc, ma non s’accorsero che è anche l’ordine di quell’ultima parte di UBa che abbiamo visto unirsi a Cc. L’Ercole però credette che il Corbinelli li togliesse da Par1, copia, com’egli disse, della raccolta Aragonese: ed ammise anzi che da Pa li traesse Cc. Sostenne il Casini1 che Cc è scritto da varie mani del sec. XVI. Il codice infatti è composto di vari fascicoli, onde esso sarebbe miscellaneo. Ma per le varianti questa edizione è più che tutto fedele a Rd che abbiamo visto rappresentare una delle origini del gruppo UBa, Cc: onde si dovrebbe credere che il Corbinelli traesse i suoi sonetti da una fonte più originale che non sieno UBa e Cc. L’uguaglianza che trasse in errore l’Ercole sta soltanto nell’essere questo gruppo non lontano da la tradizione medicea nella discendenza da Ca.

Quale fu dunque il codice da cui il Corbinelli trasse le rime? Ernesto Lamma2 affermò che UBa appartenne a l’Amadei e che a lui si riferisce una nota che ne stabilirebbe l’origine da un libro antichissimo appartenente a Gian Giorgio Trissino. Dato ciò e poi che il Raina 3 stabilì le relazioni continue fra il Trissino ed il Corbinelli si può credere che da quell’antico esemplare il Corbinelli traesse i sonetti. UBa bensì consiste di vari fascicoli di varie mani e la nota dell’Amadei non può riferirsi che al fascicoletto che la porta e ne assegna la data al 1600; ma pure le rime di UBa parallele a Cc appartengono al sec. XVII.

Il Serassi nella publicazione delle sue rime antiche4 precisò di averle tratte da un codice ch’era copia mista di tre codici preziosi posseduti uno dal Bembo, l’altro dal Brevio, il terzo da Carlo di Tommaso Strozzi. Sarebbe quindi probabilmente quello stesso codice Bartolini o Alessandri o Rezzi perchè le varianti corrispondono in parte ad U Bb, in parte ad Ra.

Il Cicciaporci ricorda un codice Lucchesini da cui trasse il sonetto:

che doveva essere un estratto del Laurenziano-Rediano 9. (Li).

Questo però non si trova certo fra i codici esaminati da me, perchè esso, come appare da l’edizione del Cicciaporci, portava in quel sonetto la variante «plagente»

  1. Op. cit. Le rime Bolognesi.
  2. Giorn. Stor., XX, 154 - Vedi anche: Giorn. Stor., XXIV. 200-1.
  3. Op. cit.
  4. Poesie di alcuni antichi toscani - Roma, Benedetto Francesi, 1774. — Il raccoglitore dà notizie del codice, da cui trae le rime, nella lettera dedicatoria all’ab. Baldassare de’ Martini in data di: Roma 16 giugno 1774.