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146 rivista di scienza

coltivata di preferenza si arretra davanti alla critica del filosofo, che valutando questa alla stregua di tutte le altre scienze viene a toglierle quel posto di onore che, per altri, dapprima, indiscutibilmente le apparteneva.

Così il Poincaré, che per un lato si stacca dal Kant, respingendone la teoria dell’intuizione pura a priori, dall’altro finisce per riaccostarvisi, accettandone quel concetto, derivato dal Newton, di un ordine gerarchico fra le conoscenze, inteso in senso gnoseologico assoluto, che la critica filosofica, oggi, chiaramente respinge.

La questione intorno alla natura dei postulati della geometria, complicata dal carattere di particolare evidenza luminosa che essi rivestono, diventa facile quando si riguardi la geometria come una parte della fisica; ma obbliga alle più astruse e strane ricerche, se in ogni modo si vuol mantenere alla scienza dei rapporti spaziali come un posto d’onore fra tutte le altre.

Il Poincaré, occupandosi della genesi psicologica del continuo e dello spazio, enumera le esperienze elementari che portano alle nozioni e ai principi fondamentali della geometria: ma quando si tratta di raccogliere il frutto delle lunghe e geniali discussioni intraprese, per non dare alla geometria un carattere di approssimazione e di provvisorietà, egli interpreta quelle nozioni e quei principi non come immagini ideali di fatti e rapporti reali, ma come convenzioni create liberamente dallo spirito umano, sebbene nello stabilirle questo si lasci guidare dall’esperienza.

Così avviene: «que les postulats peuvent rester rigoureusement vrais quand méme les lois expérimentales qui ont déterminé leur adoption ne sont qu’approximatives» e che «cette question: la geometrie euclidienne est-elle vraie?» «n’a aucun sens».1

Ora questo risultato è del tutto illusorio. Chi domanda se una proposizione sia vera o falsa non può fare a meno d’intendere che se ne prenda in esame il contenuto intuitivo: così chi domanda se la geometria euclidea sia vera (va da sè, che questa parola si adopera qui nel solo senso permesso da una sana filosofia positiva), appunto perchè intende porre una questione che abbia senso, non vuol sapere se i principi della geometria siano veri, in quanto non involgono contradizioni, ma se presentino con i fatti reali, che essi traducono, tale corrispondenza che, nei limiti dell’osservazione, le conseguenze, da essi dedotte in modo puramente formale, si traducano a lor volta in previsioni abbastanza approssimate di altri fatti e fenomeni reali.

Ne segue che non il Gauss e il Lobatcefschi sono state vittime di una illusione quando intrapresero delle misure effettive degli angoli di triangoli di grandi dimensioni per stabilire la verità

  1. La Science et l’Hypothèse - pag. 66.