Pagina:Rivista di cavalleria (Volume IX, 1902).djvu/239

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rivista di cavalleria 232

stamente si conviene all’agguato, ma a la ria battaglia, è di mestieri abbia il morso e la spuma sanguigna negata dall’arte e concessa dal caso al pennello di Apelle? Il «largo esperimento ed il pieno successo del comandante lo squadrone di sua conoscenza» indurranno ad esaudire l’ardentissimo voto di abolirlo? Chi lo può sentenzi. Però l’esaudimento di un voto dovrebbe appagare. Il secondo, quello del «si abolisca completamente tutto quanto è compreso nel paragrafo A» rimanga voto. Nella premessa del paragrafo si dice il fine che si tende raggiungere, e non mi par detto male. L’andar bene in campagna se induce a far getto di piego, riunione e quanto altro si oppone al secondare le attitudini naturali del cavallo, il fare di questo uno strumento da guerra incita ad usare di qualche mezzo per correggere, o modificare, o dar risalto, ad alcuna di tali attitudini. Il cavallo che saprà far bene quel poco che nel paragrafo a) è indicato, risparmia, lo credo ma non sono io che lo dico, risparmia sempre le sue forze che rimangono così a disposizione di chi lo monta. (Rosemberg, pag. 59).

Su la frotta il regolamento ha poche parole, e non mi pare fosse opportuno, in questo tomo 1°, dirne di più, per non andare al di là di ciò che dà materia al tomo 1°>, che è la preparazione, o toccare a soggetti di applicazione, che trovano posto nel tomo che al 1° sussegue.

Prendo congedo dall’autore alla idea del quale, sul nostro reclutamento, mi associo; e di questo convenire con lui in sulla fine, ed il convenire in molta parte di altre teoriche sulla equitazione manifestate, così che vennero a trovar forma regolamentare, farà che non male accolga la poca critica alle sue critiche.

Colonnello Sartirana.