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Pagina:Rivista italiana di numismatica 1889.djvu/57

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42 umberto rossi

Gli successe il figlio Guglielmo, che ottenuta con grandissime difficoltà dalla Spagna l’investitura dei suoi stati, cercò, largheggiando in concessioni, di cattivarsi gli animi de’ suoi vassalli: ma non seppe governarsi colla voluta prudenza e anzi si diede a una vita piuttosto facile e dispendiosa, tantoché non sapendo in qual modo far danaro, pensò a riaprire la zecca. Infatti nel 1623 si cominciò a battere cavallotti di abbastanza buona lega e si seguitò per qualche anno, senza uscire dai limiti del giusto e dell’onesto: ma pur troppo le cose non procedettero sempre cosi. Nel 1626 la zecca fu data in affitto al famigerato Giovan Agostino Rivarola di Genova, uno dei più abili contraffattori di monete di quei tempi, che fu, si può dire, il genio malefico e il principale autore della rovina del principe Siro da Correggio. Non parve vero al Rivarola di avere un luogo di più ove esercitare la sua colpevole industria e il marchese Guglielmo, che pure doveva aver presente l’esempio del padre, rovinato per cagione della zecca, fu tanto stolto da permettergli di battere monete evidentemente adulterate, senza pensare al pericolo in cui incorreva. Fortunatamente per lui, il Rivarola non potè occuparsi molto dell’officina di Tresana e il suo arresto seguito poco dopo a Correggio impedì che anche il marchese Guglielmo seguisse le sorti del principe Siro: ma nel processo che si fece al Rivarola vennero in luce concessioni fattegli dal Malaspina di stampare monete contraffatte, e sebbene non potesse provarsi che la battitura avesse avuto realmente luogo, tornò in campo contro il marchese di Tresana l’accusa che aveva già gravato sul padre di lui. Da questo tempo in avanti non fu che una non interrotta sequela di lotte tra lui ed i suoi vassalli, a sedare le quali indarno si