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il tarì amalfitano 119

imitazione dei dinar del Califfo Al-Moez-ledin’-illah (953-975) e ne continuò per lungo tempo il conio, siccome attestano i documenti, trovandosene frequentemente menzione sin’oltre il 1148.

Intorno l’esistenza di questo famoso tarì d’Amalfi e di Salerno si è scritto e quistionato molto.

Nel secolo passato, storiografi e nummografi lo credettero titolo d’un valore monetario convenzionale, dicendo, a cagione di un falso raffronto, che un tari d’oro, posto che si fosse coniato, avrebbe dovuto essere d’un’assurda picciolezza. — Ma a sfatare le fantastiche ipotesi, bastò che nel 1812 Salvatore Fusco1 pubblicasse uno di quei tarì, tante volte rammentati nelle carte salernitane.

Né il dubbio fu più possibile, quando, accanto ai caratteri arabici, fu letto il nome del principe Gisulfo. Quindi, più tardi, lo Spinelli, nel 1844 dava un compiuto ragguaglio di tutte le imitazioni dei dinar del Califfo Moez-ledin’-illah, rinvenute nelle Provincie meridionali d’Italia. Se non che argomentò che le imitazioni fossero esclusive, o della Sicilia, o di Salerno. Solamente dopo l’Amari2, l’Engel3 ed altri, a ragione giudicarono che, fra le tante contraffazioni, dovevano ritenersi confusi tarì salernitani e tarì d’Amalfi, pur dichiarando ch’era impossibile distinguerli. E poiché l’imitazione non ebbe dapprima


    sin dal 906 e poi, di nuovo, in parecchi documenti del 911-917-924 e via dicendo (V. Codex. Cav. n. cxxiv, cxxvii, - cxxviii, - cxxix, - cxlii, ecc.). Nei Reg. Neap. arch. mon. (Napoli, 1845, T. I, part. I, p. 9) sin dai 909, in una pergamena di Gaeta. A Napoli dal 936 in poi (Capasso, Mon. Neap. duc. N. 31, p. 36). Nella 2a metà del X secolo acquistarono ancor maggior credito per l’estendersi delle conquiste di Moez.

  1. Diss. su di una moneta del re Ruggieri detta Ducato. Napoli, 1812, pag. 4-6, tav. n. 1 e 2.
  2. Storia dei Musulmani in Sicilia. Tomo II.
  3. Recherches sur la Numism. des Normands, etc. Pag. 19 e 24.