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328 arturo g. sambon

dell’antichità avesse radunato il Conte di Maddaloni. Di lui, dice l’Aldimari: «fu il Conte di Maddaloni, Diomede, historico et antiquario celeberrimo, fondando tutti i suoi consigli sopra gli esempi degli antiqui e nei libri di conto delle sue cose familiari, si trovò scritto havere speso 17.000 scudi, somma grandissima in questi tempi, in medaglie et statue et altre antichità delle quali ne lasciò adornato il suo palagio, magnificamente da lui eretto nel quartiere di Nido.»

Diomede Carafa era stato aio di Ferdinando, di cui fu sempre fido e sagace consigliere; e sempre Ferdinando ebbe per lui grande ammirazione e rispetto. A lui si rivolse adunque, perchè gli consigliasse un tipo pel rovescio di questo nuovo denaro di schietto rame. Non si servi però il Conte di esempî antichi; ma come diremo in seguito, fu assai probabilmente indotto a tale scelta da un’opera di un suo contemporaneo, rinomatissimo artista, il fiorentino Donatello.

Il Vergara e poi il Lazari, dando credito alla favolosa leggenda riferita dal compilatore della cronaca di Partenope, dal Collenuccio e da altri scrittori, dissero che il cavallo posto su questi denari era ricordo di un’opera greca di gran pregio e rinomanza che per lungo tempo era stata in sulla piazza del Duomo, sinché un arcivescovo, per togliere certa superstizione, di cui era cagione, non avesse ordinato venisse distrutta, nel 1322, per convertirla in campane pel Duomo. Il Tarcagnota, a questa leggenda aveva poi aggiunto di suo che «quella gran testa che si vede ora in casa del signor Duca di Maddaloni potrebbe essere reliquia di quel cavallo;» ed il Summonte riportò poi questa notizia, non più come una ipotesi, ma come un fatto accertato. Per la qual cosa il Lazari, ac-