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È di somma importanza al caso nostro una notizia che traggo da Isidoro1 circa una tal Memmia, sacerdotessa di Apollo, la prima a comporre inni in onore di questo dio e dello Muse, già fin dall’età di Ennio. Sul nomo di lei però discordano le lezioni dei codici: alcuni hanno Mnemia2, altri Memmia3. Ma se vogliamo stare ai secondi, avremo una ragione di più a confermare la nostra dimostrazione, osservando che l’inno della sacerdotessa Memmia potrebbe da una parte attestarci l’esistenza, anteriore ad essa, di un culto ad Apollo nella sua famiglia, e dall’altra l’importanza e l’incremento che questo dovette acquistare in seguito per opera di lei4. Se il tipo del diritto di questo denaro, il cognome Apollinaris, la notizia di Isidoro ci rivelano un culto speciale esercitato dalla gente Memmia verso Apollo quale divinità protettrice; il verso di Virgilio, che abbiamo segnato come punto di partenza, ci dà ragione di questo culto. Quali divinità potevano i Memmii venerare con ispecial culto, in memoria della loro origine troiana? Delle due l’una: o Venere o Apollo, entrambi numi tutelari d’Ilio. Questa città coi suoi eroi era posta sotto la particolare protezione di Apollo, il quale ne guardava lo stato ed era legato di peculiare affetto ad alcune prosapie, come ad esempio a quella dei Pantoidi; egli vendica Ettore per l’onta di Achille e ptorta nel suo tempio Enea ferito5. Del culto poi di Venere in Troia va fatta

  1. Isid. Orig. I, 38, 17.
  2. Id. id. ediz. Areval.
  3. Id. id. ediz. Lindem.
  4. I discendenti dovettero serbare memoria della sacerdotessa Memmia, come i Claudii ben ricordavano, anche negli ultimi tempi della repubblica, la vergine vestale Claudia Quinta, che riescì a far entrare in Roma la statua di Cibele trasportata da Pessinunte (v. Babelon Claudia, n. 12, 13).
  5. Curtius Stor. gr. I, pag. 71.