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pesi proporzionali desunti dai documenti, ecc. 89


Per la nuova legge carolina il soldo d’oro mancuso, col quale erano costituiti in gran parte i censi, venne equiparato colla nuova moneta e fu tassato allora per la prima volta a 30 dei nuovi denari.

Il primo e più antico esempio di questa nuova tassazione appare nell’816 in un decreto di Ludovico il Pio ove quell’Augusto, riconfermando il censo che i monaci di S. Zeno di Verona pagavano annualmente, già dall’epoca di Carlo Magno al Vescovo di quella città, ne determinava la nuova equivalenza «aut mancusos viginti aut quinquaginta solidos argenti1»; ragguaglio che veniva a corrispondere precisamente a 30 denari per ciascun soldo mancuso.

Il documento però che meglio di ogni altro ci determinò il ragguaglio fra il soldo d’oro e la vecchia e nuova computazione della libra d’argento, è il seguente.

Nella celebre raccolta dei trattati fra i Dogi di Venezia e gli Imperatori (argomento di discussione per tutti coloro che si occuparono della moneta veneziana) avvene uno, il più antico di tali trattati attribuito all’imperatore Lotario I, colla data del febbraio 840, dal quale si apprenderebbe che sei soldi mancusi equivalevano allora una libra o lira veneziana2.

    Liutprando che conservasi nel regio medagliere di Torino, che fu pubblicato dall’illustre nummografo Domenico Promis (Monete di Zecche italiane inedite e corrette. Torino 1867, p. 31) e che sul rovescio porta la iniziale L. (Liutprando).
    Nel nostro soldo d’oro, come in quello del regio gabinetto, il busto di Giustiniano, oltre il braccio destro sollevato, colla cui mano sorregge un globo crucigero, tiene un rotolo colla mano sinistra, varietà che non rincontriamo nei soldi d’oro degli precedenti Duchi: ed è per tale speciale rassomiglianza che possiamo attribuire questo soldo d’oro a Liutprando.
    Il titolo dell’oro è della bontà di . ed il peso medio di grammi 4 circa, per ciascun soldo.

  1. Ughelli, Italia Sacra. Edit. Venetiis 1720. T. V, col. 705.
  2. Romanin, Storia documentata di Venezia. Vol. I. p. 351: «Volumus, ut pro sex manc. solid. ab uno homine sacramentam eccipiatur, et si plus fuerit usque ad duodecim manc. duorum hominum