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Pagina:Rivista italiana di numismatica 1894.djvu/21

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topografia e numismatica dell'antica imera 17

guaci1, in quanto essa trovava, casualmente, una conferma in alcune monete imeresi con la leggenda ΙΑΤΟΝ, che essi pigliavano per genitivo plurale dell’aggettivo derivato da ia, e traducevano " dei cittadini di Ia „.

L’Eckhel dà come certa la etimologia di ἡμέρα. Colla scorta delle primitive dramme di quella città, le quali dall’una delle facce mostrano il gallo, stimo che questo animale, che ha stretta relazione col nascer del giorno e colla luce,2 fosse l’arma parlante di Imera (ἡμέρα).

E siccome a tale etimologia ostava la grafia delle due parole l’una coll’ι, l’altra coll’η, egli citò, a testimonianza, un passo di Platone il quale dice che la forma antichissima della parola ἡμέρα fu ἱμέρα3. Ma oramai si può affermare, dopo le ricerche di Francesco D’Ovidio, che quelle parole del Cratilo non hanno nessuna importanza storica4.

Il Mommsen suppose che le lettere segnate talvolta, com’ei dice, sulle più antiche monete d’Imera, fossero le iniziali dell’antico nome della città, il

  1. Fra questi ricorderemo il Salinas, allora giovanissimo, che scrisse: Appendice alla memria sulle Monete punico-sicule dela’Ab. Gregorio Ugdulena. Palermo. 1858: Lettre a Mr. le Prof. Greag. Ugd. sur deux pièces d’argent portant le nom Phenicien et les tvpes de Zancle et d’Agrigente. (Estr. dalla Revue Numism., N. S. Anno IN., 1864.
  2. Ateneo chiama il gallo ἡμερόφωνος. – Plin., X, 21 " diemque venientem nunciat cantu „. Per più ampie notizie vedi Minervini, in Bull. arch. nap., 1854.
  3. Plat. Crat., 31: οἱ μέν ἀρχαιότατοι ἱμέραν τὴν ἡμέραν ἐκάλουν, οἰ δὲ ἑμέραν, οἱ δὲ νῦν ἡμέραν
  4. F. D’Ovidio, Di un luogo di Platone addotto a prova dell’antichità dell’itacismo, in Atti dell’Acc. di Sc. m. e p., 1890, p. 221-237. " Il D’Ovidio esamina con magistrale competenza tutto il brano di Plat., nel quale il filosofo cita l’esempio di ἑμέρα, e sopra varie prove fonda la sua congettura assai felice ed ingegnosa, che la forma arcaica ἱμέρα addotta da Platone come la più antica di questa parola, sia uno “degl’ingenui e maliziosi parti della sua fantasia „.