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contributo alla storia della moneta romana 331

peso. L’oro e l’argento sono puri come al tempo della repubblica, l’oricalco è di buona lega1.

L’avvilimento in cui cadde questo metallo con Tiberio è cosa tanto strana e contraria alle condizioni economiche d’allora, che è quasi impossibile a spiegare. Facciamoci pertanto a scrutarne la causa. Guerre strepitose durante il suo impero la storia non ne ricorda. Tolta la sollevazione delle legioni della Pannonia e del Reno e la spedizione di Germanico contro i Parti, nulla richiese sacrifizii allo Stato, pei quali questo potesse rimanere estenuato. Si potrebbe supporre che le pubbliche calamità, a cui l’imperatore rimediò più volte, avessero cagionato uno squilibrio; ma questa ipotesi non va, perchè d’altra parte leggiamo in Suetonio2 che Tiberio riuscì a fare una economia di 400, o 500 milioni di lire. Economicamente adunque non possiamo spiegarci nulla. Nella qual condizione di cose, ricorrendo ad una congettura, io penso che questo disordine nella monetazione di bronzo dove avvenire in particolar modo dopo la ritirata del vecchio imperatore a Capri, 779 (26 d. C.). Passarono dieci anni dopo il suo allontanamento da Roma, nei quali, per quanta fosse l’attività di lui, sempre un po’ di disordine regnava nell’impero, e può essere accaduto che il Senato, senza controllo immediato dell’imperatore, profittasse dell’assenza di costui per alterare la moneta di bronzo.

Dopo l’esempio di Tiberio non mi sorprende quel che avvenne nei pochi anni di Caligola. Con un demente a capo dell’impero, il quale faceva oggi quel che domani disfaceva, è ragionevole supporre che il Senato facesse ogni illecito tentativo e abusasse dei

  1. Cfr. Lenormant, La monn. dans l’antiq., t. Ili, p. 82.
  2. Suet., Calig., 37.