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86 francesco malaguzzi

da uno scudo di quattro giulii e dà due giulii) portano le stesse impronte, meno lievissime varianti.

Dal partito 8 giugno 1529, col quale i Quaranta ordinavano ai sovrastanti alla zecca la coniazione di dette monete, rileviamo che ne furon fabbricate per la somma di mille ducati d’oro: vi segue la descrizione che noi abbiamo riportato1. L’incisore di queste monete fu certamente Antonio Macchiavelli, addetto a quell’ufficio, come vedemmo.

La pace generale in Italia, desiderata ormai da ogni parte, dopo il trattato di Cambrai (pace delle dame) e l’accordo tra Clemente VII e Carlo V a Barcellona, fu suggellata, com’è noto, a Bologna, nel 1530; quivi l’imperatore si fece incoronare dal papa.

Le feste per l’arrivo dell’imperatore in questa città incominciarono ai primi di febbraio. Nella seduta del giorno 11 di questo mese i quaranta consiglieri ordinavano di far coniare in zecca monete d’oro e d’argento, fino alla somma di 3000 ducati, da gettare al popolo il giorno dell’incoronazione.

Si stabilì di lasciare all’imperatore la scelta delle impronte da fare incidere sui due lati delle monete e quella della lega2. L’ingresso di Carlo V in città avvenne con gran pompa il 24 febbraio. Il lungo corteo di cavalieri e magistrati era chiuso dal maggiordomo Conte Adriano De Asfordio, da un araldo e da un tesoriere a cavallo: gli ultimi due gettavano alla folla le monete coniate, cioè doppioni di quattro scudi e da due, da uno, da mezzo doblone e altre monete d’argento3.

Queste monete, che debbonsi anch’esse ascrivere

  1. Partiti, 18, c. 81, r. e Mandati 26, c. 170, r.
  2. Partiti, 17, c. 102, r.
  3. Giordani, Op. cit. e tavole.