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| 114 | g. castellani |
maravigliarsi altamente che un Pontefice austero come Gregorio permettesse tali figure sulle sue monete. La maraviglia in vero non è a posto riflettendo alle nudità di ogni genere di cui il rinascimento ha adornato la sede stessa del Papato e della Religione, il Vaticano. La Fortuna era pei Fanesi la personificazione della loro città che da essa e dal suo tempio tolse origine e nome. Proprio ai tempi di Gregorio XIII essi diedero mano a costruire la fonte della piazza sulla quale si aderge splendidamente bella la statua della instabile Dea: è vero che la statua stessa fu commessa nel 1590 e fusa nel 1594[1] e solo venti anni dopo collocata a posto, ma ciò non toglie che dessa non facesse parte del primo concetto artistico che guidò il disegno della fonte, come lo dimostra del resto ad evidenza il gruppo di delfini su cui essa poggia il piede[2]. E la somiglianza del rovescio dei giuli di Gregorio XIII con la statua che tuttora adorna la fonte è tale da far ritenere che siano concetto dello stesso artista o per lo meno che gli uni suggerissero l’altra o viceversa. Gli altri rovesci delle monete di Gregorio XIII e cioè il S. Pietro che riceve le chiavi da Cristo, il S. Pietro stante, l’Annunciazione, stanno nell’ambito delle figure strettamente cattoliche e fanno rientrare le monete fanesi nella cerchia, pili ampia per la circolazione ma più ristretta per le figurazioni, delle monete pontificie.
Possiamo quindi con qualche fondamento attribuire allo Speranza le monete aventi carattere locale più spiccato e le altre all’Albizi e soci. Aggiungasi
- ↑ Castellani Giuseppe, La statua della Fortuna in Fano e il suo Autore M° Donnino Ambrosi di Urbino. In " Nuova Rivista Misena „ Anno V, 1892, pag. 131.
- ↑ Che la statua della Fortuna fosse stata fusa apposta per la fonte è detto espressamente nel Sommario degli Atti Consigliari a c. 163 (Archivio Com. di Fano, Sez. Amiani, n. 4).