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Pagina:Rivista italiana di numismatica 1899.djvu/66

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62 g. castellani

quale il comune si era vincolato di ricorrere di nuovo all’opera sua. Ritengo quindi che il Cancelliere comunale sia incorso in errore quando notò nei Libri delle Riformanze[1] sotto la data del 9 giugno 1553 che: «D.nus Nicolaus Nuccius Zecherius prout relatum fuit D.nis prioribus incepit impressionem Jukiorum iuxta facultatem sibi concessam virtute litterarum in forma brevi S. D. N. Julii pp. III.» E invero sappiamo che il Consiglio deliberò espressamente di non valersi della facoltà di coniare moneta di argento quando fece i primi capitoli col Nuoci e poi, oltre a ciò, manca qualsiasi moneta di argento di quest’epoca.

È vero bensì che non ne abbiamo nemmeno di rame col nome di Giulio III e quindi dobbiamo per forza assegnare a questa emissione alcune delle monete segnate fra le anonime, probabilmente quelle col S. Paterniano seduto (N.° 6 e 7 dell’Elenco) che corrispondono, come osservammo più sopra, alla descrizione datane dai capitoli, e forse ancora le altre segnate coi N.’ 3 e 5 perchè, sebbene abbiano lo stesso tipo di quelle più antiche, pure portano la leggenda Patrenian e Patrignian storpiatura del nome Paternian che non troviamo in nessuna moneta anteriore a Paolo III.

E certo del resto che questo periodo di attività della zecca fu brevissimo, perchè da un atto di diffida del 25 settembre 1553[2] possiamo arguire che il Nucci non batteva più quattrini mentre il Comune gli assegnava un termine perentorio per farlo. Lo fece e riprese la coniazione? Non lo sappiamo: però da questo documento ci viene confermato l’errore del Cancelliere nel parlare di giuli.


  1. Arch. Com. di Fano. Consigli, vol. 70, car. 60’
  2. Documento X.