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DISSERTAZ. DI A. NIBBY. 121

ogni sorta di animali, non si sono affatto smosse, ne avvenne loro di essere in alcuna parte rovinate, o consumate, ne di perdere niente del polimento. Tal’è l’Appia.

Questa descrizione chiaramente dimostra, che nel sesto secolo nel quale vivea Procopio, dopoché l’Italia era stata di già soggetta alle devastazioni de’ barbari settentrionali, la via Appia ancora si conservava intatta. Dimostra inoltre, che la via Appia propriamente detta non si estendeva che da Roma a Capua, e che più oltre a Benevento e a Brindisi, ed anche Otranto piuttosto che Appia è una continuazione di essa. Finalmente Procopio essendo meno prattico del paese asseti indistintamente che le pietre, che ne formavano il pavimento da lontane regioni portavansi. Ma le cave di questa si trovano presso la via Appia stessa in quattro siti almeno da Roma a Genzano, cioè presso il sepolcro di Metella, presso le rovine chiamate Roma Vecchia, presso l’antica Boville, e sotto i Cappuccini di Genzano. Più oltre non conosco altre cave; ma probabilmente non ne mancheranno almeno ne’ contorni di Fondi, ed in altri siti. Il suo nome come giustamente afferma Procopio deriva da Appio Claudio Censore che la costrusse l’anno 442. di Roma: Et Censura clara eo anno Appii Claudii, et Caii Plautii fuit: memoria; tamen felicioris ad posteros nomen Appii, quod viam munivit, et aquam in urbem duxit: eaque unus interfecit etc. Prima ancora però, che Appio la lastricasse esisteva nello stesso sito una via, come lo stesso Scrittore indica nel capo XXVI. del libro VII. Suo magis inde impetu quam consilio ducis, convulsis signis infesto agmine ad lapidem octavum viæ:, quæ nunc Appia est perveniunt. La descrizione delle stazioni sopra questa via che nell’Itinerario di Antonino si legge è la seguente:

Ariciam. M. P. XVI.
Tres Tabernas. M. P. XVII.
Appii Forum. M. P. XVIII.
Tarracinam. M. P. XVIII.
Fundos. M. P. XVI.