Pagina:Rosselli - Scritti politici e autobiografici, 1944.djvu/68

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I più giovani ebbero subito la sensazione che Mussolini avesse guadagnato la partita, e che ormai non rimanesse che la via insurrezionale. Ma non ci fu verso di fare intendere la realtà ai capi dell’Aventino. Essi, che concepivano la rivoluzione sotto la forma di dimissioni di due ministri militari, giudicarono quel discorso l’ultimo disperato tentativo di salvataggio di un uomo ormai liquidato di cui non valeva la pena di occuparsi. E attesero i decreti di Villa Ada. Ve ne sono che attendono ancora.


Il mito della cautela.

Fu questo il miracolismo dell’Aventino. Credere di poter vincere con le armi legali l’avversario che ha già vinto sul terreno della forza. Pregustare le gioie del trionfo mentre si riceve la botta più dura. Evitare tutti i problemi (Gobetti diceva: l’Aventino ha un mito, il mito della cautela) sperando che la borghesia dimentichi il ’19. Attendere che il re e i generali tolgano le castagne dal fuoco col solo intento di consegnarle, a sei mesi data, a lor signori dell’opposizione non appena scottino meno. Supporre che i valori morali possano da soli rovesciare i rapporti obbiettivi di classe.

La crisi Matteotti, a parte i suoi riflessi morali, anziché liquidare, prolungò, ingigantì l’equivoco di cui s’è parlato più sopra. Per anni ed anni la vecchia opposizione che aveva vissuto l’estate del ’24, che aveva visto i fascisti tremare, le «cimici» scom-

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