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atto secondo 185


Rom. Ma che cosa le dirai, nutrice? Tu non attendesti a quello che io voleva dirti.

Nutr. Le dirò, signore... che giuraste; le dirò...

Rom. Ditele che trovi mezzo di venir oggi alla cella di frate Lorenzo, dove ci uniremo per sempre coi vincoli del matrimonio. Tenete pel vostro disagio.

Nutr. No, affè, messere; no, affè, non accetterei un obolo.

Rom. Ite, ite; vi dico che dovete accettare.

Nutr. Oggi, signore? Ebbene, la ci verrà.

Rom. E voi, nutrice, attendetene dietro il muro dell’Abbadia, dove il mio paggio, fra un’ora, vi starà aspettando, onde darvi una scala di corda, che nel silenzio della prossima notte mi farà montare al colmo della felicità. Addio: parlate di me a Giulietta; non ci tradite, e sarete ricompensata.

Nutr. Ora il Dio del cielo vi benedica! — Uditemi, signore.

Rom. Che vuoi, mia cara nutrice?

Nutr. Il vostro paggio è uom da segreti? Non intendeste mai dire che due persone possono conservare un segreto, quando una sola lo sa?

Rom. Vi do fede che il mio paggio è fedele e schietto come l’acciaro.

Nutr. Bene, bene, signore... ma la mia Giulietta è la più dolce fanciulla... oh signore, signore... cominciava appena a balbutire, quando... e vi è però in questa città un nobile, un certo Paride, che ben volontieri vorrebbe dividere il di lei mantile al desco: ma ella, oh! sì ora gli bada; e vi fo certo che quando lo vede, è come se vedesse la versiera. Io la garrisco per ciò qualche volta, e le dico che Paride è garzone molto proprio; ma vi do fede che quando le favelle di ciò, diventa pallida come una tela che esce di bucato.

Rom. Raccomandatemi a lei con amore.

Nutr. Non temete, che sarà fatto. (Romeo esce) — Pietro!

Piet. Che c’è?

Nutr. Prendi il mio ventaglio, e precedimi.     (escono)


SCENA V.

Giardino dei Capuleti

Entra Giulietta.

Giul. Erano le nove quando inviai la nutrice, e fra un’ora mi avea promesso di tornare, me l’avea promesso; e invece... Oh!